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Libri ricevuti ragionati

Miriam Cabré, Cerverí de Girona and His Poetic Tradition, London, Tamesis (Colección Támesis; Serie A: Monografías, 169), 1999, pp. xviii-206. – ISBN 1-85566-042-3

Questa eccellente monografia copre, con uno stile asciutto ma con ricchezza di riferimenti al contesto letterario e culturale europeo e romanzo, oltre che occitano, gli aspetti principali della vasta opera del trovatore catalano. Dopo un capitolo introduttivo, che serve a collocare Cerveri nel suo ambiente storico e nella tradizione poetica a cui in prima persona apportò importanti innovazioni, recepite soprattutto dai suoi eredi catalani, l’autrice ricostruisce l’immagine di maestro di saber e di trobar che il poeta crea di sé nei suoi componimenti (capitoli I e II), per poi soffermarsi (capitoli III, IV e V) su versanti particolari della sua produzione: i generi morali (vers e sirventes), le pastorelle e i generi per danza, e infine la Faula del rosinyol, che, pur nella sua singolarità, appare un compendio della ‘maniera’ di Cerveri.

È stata sfatata ormai da tempo l’idea dell’ultima epoca della civiltà trobadorica come un periodo di decadenza, che prelude, di lì a pochissimo, al definitivo silenzio. In realtà, la seconda metà del tredicesimo secolo assiste a revisioni profonde della poetica cortese e a significative riconnotazioni della funzione sociale dei poeti. Da cantore di corte, il trovatore tende a trasformarsi in cortigiano ante litteram, in intellettuale e consigliere del principe, come suggerisce lo stesso Cerveri quando, più o meno esplicitamente, si attribuisce il ruolo di cossellier d’aut senyor (ed. Riquer, n. 105: P.-C. 434.3; e cfr. Lo vers del rey de Maylorca, ed. Riquer, n. 81: P.-C. 434a.41). Questi atteggiamenti non sono senza precedenti, a cominciare da Giraut de Bornelh, ma nuova è la consapevolezza con cui vengono portati avanti. Sono evidenti, al riguardo, i punti di contatto con Guiraut Riquier, che negli stessi anni, alla corte di Alfonso el Sabio, conferiva responsabilità simili ai doctors de trobar. Miriam Cabré sottolinea opportunamente queste e altre affinità tra i due trovatori, come la presa di distanza rispetto ai giullari e l’organizzazione della propria opera secondo la struttura di ciò che oggi chiamiamo un canzoniere d’autore: struttura ricca di articolazioni nel narbonese, ma innegabile anche nel catalano. Come si vede, questi due poeti della ‘decadenza’, due personalità molto diverse tra loro e tuttavia in qualche modo parallele, aprono nuove strade, che non mancheranno di essere percorse da altri nei secoli seguenti.

Ampio spazio dedica il saggio agli aspetti per cui Cerveri è più spesso ricordato: il suo sperimentalismo metrico e linguistico e il suo gusto per le forme più cantabili e popolareggianti, che troveranno eco nella lirica catalana successiva. Ma al di là delle lucide analisi formali e dell’accurata ricostruzione delle fonti letterarie, il merito maggiore del libro di Miriam Cabré è di avere situato la figura del trovatore, come si diceva all’inizio, nella più vasta cornice della cultura e delle tensioni ideologiche del suo tempo; e in questo senso il titolo, che allude solo alla sua ‘tradizione poetica’, pare perfino riduttivo.  [C. Di G.]

 

[iii.2000]     

 

 

 

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