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Libri ricevuti ragionati

 

 

 

 

 

 

Jesús Villalmanzo, Ausias March. Colección documental [in copertina e sul dorso: Documenta Ausiàs March], València, Institució Alfons el Magnànim - Diputació de València (Arxius i Documents, 23), 1999, pp. 510. – ISBN 84-7822-245-6

Il volume riproduce (alle pp. 175-480, in corpo piccolo) un’imponente mole di documenti su Ausiàs March e la sua famiglia, che copre l’arco di più di due secoli (1301-1504). Benché si tratti di materiale in gran parte già edito, la raccolta costituirà d’ora in avanti l’indispensabile base per qualsiasi futura ricostruzione della vita del poeta e della saga dei March. È questa, in sostanza, la parte più preziosa del libro; ma Jesús Villalmanzo si prova anche a delineare in prima persona una biografia del signore di Beniarjó (pp. 13-166), che si affianca dignitosamente all’eccellente lavoro di Jaume J. Chiner Gimeno, Ausiàs March i la València del segle XV (València, Generalitat Valenciana, 1997). Quest’ultimo aveva rimesso in discussione, tra l’altro, la data e il luogo di nascita di Ausiàs; Villalmanzo concorda con lui sulla data (1400 o primi giorni del 1401), mentre esprime dubbi sul luogo (Valenza): oltre alla vecchia candidatura di Gandia, viene ora avanzata quella di Onda, nell’attuale provincia di Castelló, dove nel 1400 la corte ducale si era trasferita con il suo seguito per sfuggire a una peste.

Rispetto al libro, un po’ caotico, di Chiner, la biografia di Villalmanzo procede con maggiore ordine, ma fa un po’ desiderare lo stile asciutto e più fattuale dell’altro studioso. Nel mestiere del biografo, si sa, le insidie sono tante, specie quando il biografato è un’ingombrante personalità letteraria: il rischio maggiore è quello di mettere in immediato rapporto i dati di un’esistenza con gli aspetti dell’opera; che è esattamente quanto fa più di una volta Villalmanzo. Mi limiterò a un paio di esempi.

Una delle scoperte dei nuovi scavi d’archivio è che Ausiàs March soffriva, fin da giovane, di un’ernia scrotale: in un documento del 1417 il suo nome compare infatti accompagnato dall’epiteto «lo potrós». Si tratta, beninteso, di un reperto che un biografo coscienzioso non può celare al suo lettore; e che servirebbe a spiegare la prematura conclusione della carriera militare del poeta, su cui ci si è a lungo interrogati. Meno bene, tuttavia, serve a spiegare lo spessore filosofico dei suoi dictats:

 

Esa enfermedad, que no se puede considerar grave, y que además no debía tener en grado acentuado, puede explicar también su carácter introvertido. Seguramente le permitió dedicar más tiempo a su formación filosófica y literaria, o al menos algo más que la mayoría de los caballeros de su época, ocupados principalmente en sus funciones militares.  (87)

 

Qui, come si vede, si stabilisce arditamente un nesso ernia scrotale: (tempo libero:) formazione filosofica e letteraria, che lascia perplessi; oltretutto, il secolo XV è pieno di cavalieri non afflitti da questa incresciosa infermità che si dedicavano con buoni risultati sia alle armi sia alle lettere.*

Poco convincente è anche l’identificazione della titolare del senyal (biblico) Llir entre cards, ammesso che sia mai esistita, con una suora. In effetti, un documento di legittimazione scoperto da Villalmanzo ci informa che la madre del bastardo primogenito di March, Francesc, era una «mulier religiosa»; questo è un dato di fatto, il resto sono illazioni:

 

Me atrevo a sugerir que fue a esta dama a quien fueron dirigidas las 35 poesías del ciclo Llir entre cards; pues suponiendo que su dama era bella como un lirio, resultaba una tarea muy ardua y peligrosa acercarse a ella, pues se hallaba rodeada de obstáculos a los que metaforicámente califica de cardos. El hábito religioso, la clausura monástica, las penas civiles y eclesiásticas fulminadas contra quienes intentasen seducir a una religiosa bien pueden estar reflejadas poéticamente en esa planta silvestre y espinosa a la que alude la senyal ausiasmarquiana de Llir entre cards.  (118)

 

E per rimanere nell’ambito delle illazioni, si veda il ragionamento con cui l’autore prima ipotizza in astratto che March avrebbe ben potuto scrivere un trattato di falconeria; poi sembra quasi convincersene, al punto di sospettare che il trattato sia andato perduto:

 

Es muy posible que Ausias March estuviese tentado en algún momento de su vida en escribir un tratado sobre las aves venatorias, en el que recopilase sus conocimientos y experiencias en este campo. Y quizás llegó a escribirlo, como lo hicieron otros nobles de Portugal, Castilla y otros países. No es descabellado pensar así, pues practicaba personalmente el adestramiento de las aves, en cuyo oficio logró éxitos resonantes. Además sentía pasión por este sistema de caza y finalmente era un escritor. Es verdad que en su inventario no se hace alusión a ese supuesto tratado, pero tampoco hay que descartarlo absolutamente pues sabemos que contó con otros muchos objetos y libros no inventariados notarialmente.  (96)

 

A parte queste e alcune altre ingenuità, il libro costituirà, come si diceva, un imprescindibile strumento di lavoro per gli studiosi di Ausiàs March.  [C. Di G.]

 

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* Ma è poi sicuro che «potrós» significhi «herniado»? Secondo Villalmanzo, «entre todas las acepciones que tiene la palabra, ésa es la única que encaja en el contexto» (ibid.); ma di parere contrario è Josep Piera: «La interpretació que Villalmanzo fa del terme lo potrós és un puntet simple, per no dir simplista. És cert que, en el català medieval, potrós vol dir herniat, en un sentit primer i literal; però el mot també té altres sentits figurats o descriptius, i no podem oblidar que ens estem referint a un qualificatiu fet molt de passada, i a manera de broma o de malnom, en un únic document mercantil de 1417, i no pas en cap diagnòstic d’un metge. Potrós, tant en els diccionaris més il·lustres i fonamentats com en la parla col·loquial de la Safor –el paisatge parlat d’Ausiàs March–, no sols pot voler dir herniat, sinó que també vol dir nerviós, malcriat, queferós, àgil, desficiós, impertinent..., especialment si s’està parlant d’un xiquet o d’un jove..., com és el cas. Tenir potra, o ser un potrós, no significa necessàriament tenir una hèrnia o ser un herniat, també, o sobretot, vol dir tot el que he dit, i ben matisat pel to oral. I és ben possible, i molt versemblant, que sí, que sí que era un potrós senyoret de casa bona, el jove donzell Ausiàs March, però no un lisiat; i que això s’acobla prou millor al jove desficiós de dèsset anys que és Ausiàs March, servent del senyor duc, quan l’anomena així aquest document mercantil. ¿Herniat, un jove aprenent de cavaller, un noble capriciós, ric i cultivat en les arts i les armes, en les caceres i els falcons, i en tempestuoses aventures guerreres i de dones? Potrós sí, però molt possiblement d’altres potres» («Ausiàs March, ‘lo potrós’», Avui, 1 aprile 2000, pp. 20-21).

 

[iv.2000]     

 

 

 

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