Sommario del Rialc  

Indice del Bollettino del Rialc

 

1. La disponibilità di una trattazione tanto approfondita come quella di M. de Riquer, Història de la literatura catalana, I, Barcelona, Ariel, 1964, ulteriormente completabile con l’annotazione della ricchissima antologia da lui curata, Los trovadores. Historia literaria y Textos, Barcelona, Planeta, 1975 (dove è dedicata una speciale attenzione ai trovatori catalani e a tutto ciò che concerne la Catalogna), mi esime da un’annotazione minuta. La bibliografia sarà dunque limitata a correzioni o integrazioni recenti ai dati presentati da Riquer.

2. Cfr. ora C. Di Girolamo, «L’eredità dei trovatori in Catalogna», Filologia antica e moderna, 9 (1995), pp. 7-21.

3. Cfr. Riquer, Història de la literatura catalana, cit., I, p. 39: dal catalogo andrà sottratto Amanieu de Sescas, sulla cui origine guascone concordo con le conclusioni cui perviene da ultimo F. Zufferey, «La partie non-lyrique du chansonnier d’Urfé», Revue des langues romanes, 98 (1994), pp. 1-29; andrà invece aggiunto Guilhem Raimon de Gironela (su cui Riquer, Los trovadores, cit., p. 1672).

4. Il computo complessivo non raggiunge la cifra di 200 (e occorre tener conto che i componimenti di Cerverí de Girona sono 113 e rappresentano da soli poco meno dei due terzi del corpus regionale); a riscontro si consideri che i componimenti di autori italiani sono circa 130, dato da valutare ricordando che la scuola nazionale italiana è attiva dal terzo decennio del XIII secolo e che già dal 1260 circa, con singole eccezioni (Bonifaci Calvo, Bertolome Zorzi) la poesia provenzale in Italia appare relegata a testi di contenuto basso (satira personale; forme popolareggianti’) o di argomento politico.

5. Per la data di composizione del poemetto, da collocarsi più probabilmente negli ultimi anni del sec. XII, e per il contesto storico-letterario cfr. ora S. M. Cingolani, «The Sirventes-ensenhamen of Guerau de Cabrera: A Proposal for a New Interpretation», Journal of Hispanic Research, 1 (1992-93), pp. 191-201.

6. Ma per una possibile revisione su questo punto cfr. più avanti § 3.

7. Per Sg il legame con la corte è evidente nella fattura del codice ed è stata data sempre per scontata; per V cfr. ora M. Signorini, «Il copista di testi volgari (secoli X-XIII). Un primo sondaggio dalle fonti», Scrittura e civiltà, 19 (1995), pp. 123-197, sopr. alle pp. 136-138 e scheda 40, p. 192.

8. Cfr. da ultimo M. Aurell, «Chanson et propagande politique: les troubadours gibelins (1255-1285)», in Le forme della propaganda politica nel Due e Trecento (Atti del Convegno di Trieste 1993), Roma 1994 (Coll. de l’Ecole Française de Rome, 203), pp. 183-202; resta basilare la lettura di A. Barbero, Il mito angioino nella cultura italiana e provenzale fra Duecento e Trecento, Torino 1983 (Deputazione subalpina di Storia Patria, Biblioteca Storica Subalpina, vol. CCI), pp. 67 sgg. e sopr. 83-88.

9. M. Milà y Fontanals, De los Trobadores en España, (Barcelona 1861), rist. anast. a cura di M. de Riquer, Madrid, CSIC, 1966.

10. Cfr. M. de Riquer, «La littérature provençale à la cour d’Alphonse II d’Aragon», Cahiers de civilisation médiévale, 2 (1959), pp. 177-201 e poi il capitolo nella Història de la Literatura Catalana, con l’aggiunta importante di M. Aurell, «Les Troubadours et le pouvoir royal: l’exemple d’Alphonse Ier (1162-1196)», Revue des langues romanes, 85 (1981), pp. 54-67; quanto al problema delle origini liriche e dell’adozione delle forme trobadoriche è sempre da consultare I. Frank, «Les débuts de la poésie courtoise en Catalogne et le problème des origines lyriques», in VIIo Congreso internacional de lingüistica románica, Barcelona, CSIC, 1955, II, pp. 181-187; dal punto di vista storico-culturale il quadro di riferimento in cui mi muovo, e che ritengo ampliabile all’aspetto storico-politico e istituzionale, è quello offerto da T. N. Bisson, «Unheroed Pasts: History and Commemoration in South Frankland before the Albigesian Crusades», Speculum, 65 (1990), pp. 281-343.

11. R. Antonelli, «Politica e volgare: Guglielmo IX, Enrico II, Federico II», in Id., Seminario Romanzo, Roma, Bulzoni, 1979, pp. 7-109.

12. Cfr. A. Rieger, «L’image d’Alphonse II d’Aragon dans les vidas des troubadours», in O cantar dos trobadores (Actas do Congreso ... 29-29 abril 1993), Santiago de Compostela, Xunta de Galicia, 1993, pp. 263-287.

13. Milà y Fontanals, De los Trobadores en España, cit., § II.6. Nella sintesi di A. Jeanroy, La poésie lyrique des troubadours (Toulouse-Paris, 1934), rist. anast. Genève, Slatkine, 1973, di Pietro II si parla nel cap. IV, pp. 186 sgg., con una rassegna poco più che sommaria dei contatti; nella Història de la literatura catalana di Riquer a Pietro II non è dedicato un capitolo specifico, come accade invece, magistralmente, con Alfonso II. È indicativo il fatto che nell’informata sintesi di E. Bagué, - J. Cabestany - P. E. Schramm, Els Primers Contes-Reis, Barcelona, Vicens-Vives, 19853, un capitolo presenti i rapporti fra Alfonso e i trovatori (pp. 89-95), mentre la questione non è neppure menzionata in rapporto a Pietro II.

14. Cfr. M. Cots, «Notas históricas sobre el trovador Guillem de Cabestany», Boletín de la Real Academia de Buenas Letras de Barcelona, 37 (1977-78), pp. 23-65 e Ead., Las poesías del trovador Guillem de Cabestany, ibid., 40 (1985-86), pp. 227-330.

15. Cfr. The Poems of Aimeric de Peguilhan, ed. W. P. Shepard - F. M. Chambers, Evanston (IL) 1950, pp. 5-6; Aimeric ne lamenta la morte a qualche anno di distanza nella canzone En aquelh temps que·l rey mori, N’Anfos (BdT 10,26), composta più probabilmente alla fine del 1220.

16. Cfr. «Le canzoni di Aimeric de Sarlat», ed. M. Fumagalli, Travaux de linguistique et de littérature, 17 (1979) 1, pp. 121-169.

17. The Poems of Aimeric de Peguilhan, ed. Shepard-Chambers, cit., p. 4.

18. Nel giro di una diecina d’anni, fra il 1195 ca. e il 1205 ca. escono a vario titolo di scena personaggi quali Folquet de Marseilla, Bertran de Born, Guilhem de Saint-Didier, Guilhem de Berguedà, Gaucelm Faidit, Peire Vidal, Giraut de Borneill, Raimbaut de Vaqueiras, per non elencare che i principali: è la fine di una generazione che era stata dominante a un livello che potremmo definire come ‘europeo’.

19. A. Varvaro, Rigaut de Berbezilh. Liriche, Bari 1960, p. 22 (e n.42, con bibliografia) e 49-51; R. Lejeune, «Rigaut de Barbezieux, analyse textuelle et histoire littéraire», Le Moyen Age, 68 (1969), pp. 331-377, sopr. pp. 372-376 (con puntualizzazione riassuntiva sull’attività della ‘corte del Puoi’); Riquer, Los trovadores, cit., pp. 1024-1025; rimane essenziale lo studio di G. Favati, «La novella LXIV del Novellino e Uc de Saint Circ», Lettere italiane, 11, 1959, pp. 133-173, sopr. pp. 162-168.

20. Dissento su questo punto dall’impostazione di W. Paden, «The Troubadours and the Albigensian Crusade: A Long View», Romance Philology, 49 (1995) 2, pp. 168-191, che tende a sminuire drasticamente la portata della Crociata, evidenziando gli aspetti di continuità e segnalando il numero di trovatori attivi alla metà e nella seconda metà del secolo XIII. È vero che non mancano e sono anzi per certi versi numerosi i trovatori in attività dopo la Crociata e di cui si conserva l’opera, ma, applicando alcuni semplici parametri che consentano di articolare il dato seccamente quantitativo, si osserva facilmente che: 1) il corpus di opere di questi trovatori tardi è in moltissimi casi esiguo, spesso minimo; se si sottraggono dal computo i pochi autori di molti testi (come Guiraut Riquier e Cerverí de Girona) e a maggior ragione coloro che composero collezioni di coblas (Bertran Carbonel, Guilhem de l’Olivier), si noterà che il numero dei testi tardi decresce in maniera sensibile; 2)se si considera il dato geografico si nota che intere regioni storiche’ non sono più né produttive né ricettive (tutte quelle settentrionali, in particolare: Limosino, Périgord, Alvernia, Vélay) e che altrove, come nel Tolosano e in Linguadoca, la produzione di carattere amoroso si riduce ai minimi termini (di fatto, e scartate eccezioni isolate, entro i confini linguistico-culturali dell’Occitania e nel periodo compreso fra 1215-20 e 1260 l’espressione amorosa si mantiene solo in Provenza, prima con Cadenet ed Elias de Barjols, poi con Sordello e Peire Bremon: ritengo che sia certamente da rivedere la cronologia correntemente attribuita a Daude de Pradas). Le conseguenze della Crociata – e forse meglio di una serie fattori di crisi di cui la Crociata è certo il più devastante – dunque non mancano e producono, rispetto alla fine del secolo XII, un quadro storico-geografico non più omogeneo e ricco anzi di aspetti fortemente contrastati.

21. F. M. Chambers, «Three Troubadour Poems with Historical Overtones», Speculum, 54 (1979), pp. 42-54, a p. 42.

22. Ibid., p. 43.

23. Cfr. Peire Vidal, Poesie, ed. D’A. S. Avalle, Milano-Napoli, Ricciardi, 1960, XXII, vv. 1-3: «Per ses dei una chansos / Al cortes rei d’Arago, / Qu’estiers non canter’ongan».

24. Cfr. J. Bruguera, Llibre dels fets del rei en Jaume, Barcelona, Barcino, 1991 (ENC, Coll.B, 10-11), § 6: «Nostre pare, lo rey En Pere, fo lo pus franch rey que anch fos en Espanya e el pus cortés e el pus avinent, sí que tant donava que ses rendes e ses terres ne valien menys» (entro un giudizio che al di sotto dell’apparente neutralità dei termini ha connotati fortemente critici) e poi ancora § 27: «E Don Pero Aonés tenia en peyora Bolea e Loarre, que nostre pare la li havia enpeyorada». Cfr. T. N. Bisson, Història de la Corona d’Aragó a l’Edat Mitjana, Barcelona, Crítica, 1988 (ed. orig. 1986), pp. 64-66 e più dettagliatamente Id., Fiscal Accounts of Catalonia under the Early Count-Kings (1151-1213), Berkeley and Los Angeles, California Univ. Press, 1984, pp. 118-119.

25. Riferimenti ed allusioni interne alle sue opere rinviano in forma quasi unanime al periodo delimitabile all’incirca fra il 1190 e il 1220. Tuttavia nel poemetto So fo el temps qu’om era jais è menzionato il trovatore Guilhem de Montanhagol, attivo intorno alla metà del secolo (all’incirca fra il 1230 e il 1260), e si cita un suo sirventese composto nel 1253. Alcuni, fra cui Riquer (Història de la literatura catalana, cit., I, pp. 115-116), hanno prolungato l’attività di Raimon Vidal sino ad oltre questo termine cronologico, mentre altri (Limentani, Tavani) ritengono che la menzione di Guilhem de Montanhagol sia un’interpolazione posteriore. Questa seconda interpretazione sembra preferibile, dal momento che l’insieme delle allusioni a fatti e personaggi ricostruibile nelle opere di Raimon Vidal è coerente nella sostanza con la tradizione trobadorica che egli mostra di conoscere: i trovatori menzionati o di cui sono citati i testi non sono posteriori al primo decennio del XIII secolo, ed è particolarmente eloquente la speciale considerazione di cui negli scritti del poeta di Besalú gode Raimon de Miraval, trovatore la cui attività sembra essersi arrestata intorno al 1210, quando fu spossessato dei suoi beni nel corso della Crociata albigese. Credo un po’ troppo avanzata la datazione agli anni 1220 per l’ insegnamento al giullare’ proposta recentemente da M. Calzolari, «I favolosi anni Settanta. Riflessioni sulla datazione di Abril issia di Raimon Vidal de Besalú», in La narrativa in Provenza e in Catalogna nel XIII e XIV secolo, Pisa, ETS, 1995, pp. 83-108, entro uno studio comunque molto interessante quanto all’analisi delle corti meridionali presentate da Raimon Vidal nel suo panorama e della visione retrospettiva dell’autore.

26. Si veda in questo stesso volume lo studio di J. Rodríguez Velasco, «Yeu soy us hom aclis / a joglaria de cantar. O de la educación trovadoresca del juglar», nonché la recentissima raccolta da lui stesso curata di Castigos para celosos, consejos para juglares, Madrid, Gredos, 1998.

27. Cfr. J. Boutière - A.-H. Schutz, Biographies des troubadours. Textes provençaux des XIIIe et XIVe siècles, ed. refondue ... par J. B. avec la collaboration d’I. M. Cluzel, Paris, Nizet, 1973, n. LVIII, 2-4, p. 375: «si fo mout honratz e tengutz en car per lo comte de Tolosa ... et era [Raimon] seigner de lui e de son alberc, e seingner del rei Peire d’Arragon e del vescomte de Beders, e d’en Bertran de Saisac, e de totz los grans barons d’aquella encontrada». Sulla posizione che Raimon de Miraval si assegna rispetto al mondo cortese cfr. L. T. Topsfield, Troubadours and Love, Cambridge, Cambridge Univ. Press, 1975, pp. 219-237.

28. Cfr. M. de Riquer, «El trovador Huguet de Mataplana», in Studia Hispanica in Honorem R. Lapesa, I, Madrid, Gredos, 1972, pp. 455-494.

29. Edizione in J. Boutière, «Les poésies du Troubadour Albertet», Studi medievali, n.s., 10 (1937), pp. 1-129, p. 94 (testi dubbi, I): «Monaco, scegliete, secondo quel che ve ne pare, chi val di più: i Catalani o i Francesi? E di qui metto Guascogna e Provenza, Limosino, Alvernia e Viennese, e di là la terra dei due re [i re di Francia e Inghilterra]; e poiché ben conoscete di tutti qual è il loro comportamento, voglio che mi diciate in quali maggiormente si trova il perfetto valore» (si osservi incidentalmente che l’allusione alla «terra dei due re» non ha molto senso dopo lo spossessamento dell’eredità plantageneta subìto da Giovanni Senza Terra a partire dal 1204). La tenzone è riedita da Riquer, Los trovadores, cit., n. 227, p. 1135; per l’interpretazione cfr. M. Mancini, Metafora feudale. Per una storia dei trovatori, Bologna 1993, pp. 50-51.

30. T. N. Bisson, «Unheroed Pasts: History and Commemoration in South Frankland before the Albigesian Crusades», Speculum, 65, 1990, pp. 281-343 a p. 281, e cfr. pp. 306-7 per il giudizio dei Gesta comitum sui regni di Alfonso II e Pietro III (come rileva Bisson, p. 307, nota, nel ms. «there is a break preceding the history of Pere I (1196-1213), apparently written soon after his death»).

31. L’accettazione della scuola lirica trobadorica va vista accanto alla dipendenza occitanica dei più antichi testi religiosi volgari in versi che circolarono in Catalogna (per cui cfr. B. Spaggiari, «La poesia religiosa anonima catalana o occitanica», Annali della Scuola Normale Superiore, s. III, 7/1 (1977), pp. 117-350, integrando, per la prosa, con J. Moran Ocerinjauregui, Les Homilies de Tortosa, Barcelona, Pub. de l’Abad. de Montserrat, 1990); in un caso e nell’altro siamo di fronte all’importazione di testi da un’area occitanica più precocemente creativa e sensibile di fronte al volgare (può essere emblematico il caso della Chanson de Sainte-Foy, divisa fra leggenda di origine iberico-catalana e forma testuale d’impronta limosino-francese). La posizione dipendente della Catalogna in questa fase iniziale conferma semmai indirettamente il primato delle zone più settentrionali del dominio occitanico che è suggerito da tutti i più antichi testi.

32. L’accusa è già lanciata nel 1216 da Tomier e Palaizi (secondo la convincente ricostruzione di Frank) non già contro Giacomo, che aveva allora otto anni, ma contro «Catalani» e «Aragonesi», e dunque forse, ad personam, contro il reggente Sancho, fratello del sovrano caduto a Muret: cfr. I. Frank, «Tomier et Palaizi, troubadours tarasconnais (1199-1226)», Romania, 78 (1957), pp. 46-85, testo I, A tornar m’er enquer al primer us (BdT 231,1a).

33. Per questi aspetti è tuttora insostituita, malgrado le non poche inesattezze ed il ricorrere di dati da sottoporre oggi a revisione, la sintesi di Ll. Nicolau D’Olwer, «Jaime I y los trovadors provensals», in Congreso de historia de la Corona de Aragón, Barcelona, 1909, pp. 389-407.

34. Va aggiunto al catalogo sommario l’anonimo autore di Un sirventes novel plazen (BdT 80,42), sirventese composto intorno al 1240 e unanimemente tràdito dai manoscritti sotto il nome di Bertran de Born (anche il figlio omonimo di questi è tendenzialmente da scartare per ragioni quantomeno di cronologia).

35. Cfr. Les poésies de Jausbert de Puycibot, ed. W. P. Shepard, Paris, Champion, 19652 (CFMA), XI, p. 35 e Riquer, Los trovadores, cit., 243, p. 1212. In realtà, però, come avverte anche Riquer in nota, al v. 8 i canzonieri ADHT leggono comtessa al posto di reina: l’alternanza di lezione può celare o l’inserzione di una glossa esplicativa in un ramo della tradizione (quale sia è da definire) ovvero una dedica precedente; in un caso e nell’altro occorre tenere in considerazione Eleonora d’Aragona, contessa di Tolosa. Una variante di segno esattamente opposto (CR comtessa - ADIKNN2a regina) s’incontra nella tornada della canzone 457,25 di Uc de Saint-Circ, v. 61 (nell’edizione delle Poésies de Uc de Saint-Circ curata da A. Jeanroy - J. J. Salverda de Grave, Toulouse, Privat, 1913, VIII, p. 40), dove la dedica si riferisce alla sorella di Eleonora, Sancha, sposa di Raimondo VII.

36. Cfr. subito sopra; la datazione della canzone ai primi anni 1220, almeno nella redazione che oggi conosciamo, è garantita dalla duplice allusione a Federico II imperatore, secondo modalità che implicano una data non troppo lontana dall’incoronazione, avvenuta nel 1220 (strofa 5), e a un re d’Aragona ancora molto giovane ed inesperto (tornada 6)

37. Cfr. M. Boni, Sordello. Poesie, Bologna, Palmaverde, 1954, pp. XXXIII-XXXIV. A questo soggiorno potrebbe essere legata la menzione elogiativa di Giacomo nel sirventese Qui be·is membra dels segle qu’es passatz (BdT 437,29), certamente dei primi anni 1230: «Al rei tramet mon sirventes viatz, / cel d’Aragon, que·l fais lo plus pesan sosten de pretz, per que·l ten entrenan», con correzione in entrenan, ‘diritto’, sulla base della lezione del canz. T, entranan, di en treman dell’ed. Boni (che questa sia l’interpretazione corretta è confermato dalla tornada di un sirventese di Bertran Carbonel che è palesamentre ricalcata su quella del trovatore mantovano: cfr. BdT 82,12 Per espassar l’ira e la dolor, in Les poésies de Bertran Carbonel, ed. a cura di M. Routledge, Birmingham, AIEO - Univ. of Birmingham, 2000, XII, vv. 51-6: «Al plus privat Proensal, ses doptansa, / que huey viva e de mais d’alegransa, / vay, sirventes, a Selon, car lay van / mieys sirventes, dir que·l pres qu’entrenan / sosten que·l gart de fals clrecx, car leugier / son a mal far e fals e messonger»). Da questa precisazione testuale e interpretativa risulta del tutto rafforzato e non sottomesso a nessuna restrizione il giudizio elogiativo espresso da Sordello sul giovane re. È peraltro un giudizio isolato, che appare indirizzato «da lontano» (v. 39 tramet) e sembra implicare un rapporto di frequentazione prolungato nel tempo; l’opinione su Giacomo sarà del resto presto rivista nel compianto per Blacatz e nel sirventese sui «tre diseredati» (su cui cfr. subito sopra).

38. Nella sua recente edizione delle Poesie di Aimeric de Belenoi (Firenze, Positivamail, 1997), A. Poli ritiene che il re d’Aragona dedicatario della canzone meravilh me com pot hom apellar (BdT 9,12) sia da identificare con Pietro II piuttosto che con Giacomo (cfr. p. 199). Per i rapporti di Aimeric coi signori catalani nella fase centrale della sua carriera cfr. ivi, pp. 11-13.

39. Cfr. Riquer, Los trovadores, cit., p. 1430: un Guilhem de Montanhagol che può essere identificato col trovatore compare in un registro di spese dell’Infante Pietro relativo all’anno 1268

40. Sono emblematici i commenti relativi alla battaglia di Muret e ai suoi immediati antefatti che si leggono nel Llibre dels Feyts (ed. Bruguera, cit., §§ 8-9) e che sono confermati, nella sostanza, nella continuazione dei Gesta comitum redata nel XIII secolo durante il regno di Giacomo stesso e da cui dipende la traduzione catalana antica, forse ancora duecentesca: cfr. Gesta Comitum Barcinonensium. Textos llattí i català, ed. a cura di L. Barrau-Dihigó i J. Massó Torrents, Barcelona, IEC - Fundació Rabell i Cibils, 1925, cap. 25 (Pietro II), rispettivamente pp. 50-54 e 138-141.

41. Cfr. Libre dels Feyts, ed. Bruguera, cit., §§ 237 («e pensam nos que havíem a fer ab mala gent, car e·l món no ha tan sobrer poble con són cavallers») e 498 («retingués ... la Esglèsia e·ls pobres e les ciutats de la terra, car aquels són gent que Déus ama més que no fa los cavallers, car los cavallers se leven pus tost contra seyoria que·ls altres»); è da associare a questi giudizi la presentazione del padre come «bo cavaller d’armes, si bo n’avia e·l món» (§ 7), incapace però di affrontare come si conviene una battaglia (§ 9), dunque di agire da re.

42. I. de Riquer, «Las poesías del trovador Paulet de Marselha», Boletín de la Real Academia de Buenas Letras de Barcelona, 38 (1979-1982), pp. 133-205 e ora Ead., Paulet de Marselha: un Provençal a la cort dels reis d’Aragó, Barcelona, Barcelona, Columna, 1996.

43. Cfr. A. Espadaler, «El Rei d’Aragó i la data del Jaufré», Cultura neolatina, 57 (1997), pp. 199-207.

44. Il corpo del testo non contiene riferimenti precisi ad avvenimenti o personaggi. Lavaud (Poésies complètes du troubadour Peire Cardenal, ed. R. Lavaud, Toulouse 1957, LXXVIII, p. 514) data il testo al 1272 sulla base della seconda tornada (str. 7, sulla cui possibile apocrifia cfr. però qui subito oltre). Qualche indicazione pertinente giunge però dalla forma metrica. Secondo J. H. Marshall, «Imitation of Metrical Form in Peire Cardenal», Romance Philology, 32 (1978), pp. 18-48, a p. 26, il sirventese di Peire Cardenal «imitates Bertran d’Alamanon, D’un sirventes mi ve grans volontatz (76,8) [...] which itself imitates a canso by the same poet, Nuls hom no deu esser meravillatz (76,13) [...] That Cardenal’s piece (traceable to 1272) was modelled directly on the sirventes of B. d’Alamanon (which dates from 1260-1265) is indicated, as Lavaud notes (514), by the fact that l.43 of Cardenal’s piece is a textual borrowing from Bertran’s poem». Venuta meno da un lato l’assoluta certezza della datazione del sirventese di Peire, occorre dall’altro far notare che il preteso modello di Bertran d’Alamanon, 76,13, non è affatto una canzone, come classificata da Pillet-Carstens e da Frank, bensì una composizione di due strofe con tornadas che lamenta l’entrata in una comunità di beghine di una dama cui il trovatore era legato ed ha caratteristiche, anche formali, di compianto. Non si tratta dunque di una canzone ed è anzi verosimile che il componimento non avesse melodia propria. Il vero modello metrico e melodico sarà allora da ravvisare nell’importante canzone morale Nulhs hom no val ni deu esser prezatz di Guilhem de Montanhangol (BdT 225,10: ed. Ricketts, XI, p. 108), composta secondo ogni evidenza all’inizio degli anni 1250 (prob. nel 1252) e dedicata all’allora giovanissimo Alfonso X di Castiglia. L’ipotesi formulata da M. Aurell, La vielle et l’épée. Troubadours et politique en Provence au XIIIe siècle, Paris 1989 circa l’identificazione della donna cui Bertran d’Alamanon farebbe riferimento, Raimonda de Rocafoill, attestata come viva ancora nel 1298 tra le beghine di Roubaud (cfr. p. 226 e note 85-86, p. 336), quadra con la datazione del testo di Bertran agli anni 1250, mentre esclude tendenzialmente ogni suo rapporto diretto con lo scambio di brevi sirventesi fra Blacasset e Pujol relativo all’entrata in monastero di due giovani nobili, testi questi ultimi senz’altro anteriori al 1236 data la menzione come vivo di Blacatz (cfr. da ultimo Riquer, Los trovadores, cit., 260, p. 1293).

45. La datazione del sirventese dipende dall’orientamento del rapporto – indubbio – che lo lega a D’un sirventes mi ve grans volontatz di Bertran d’Alamanon. Lavaud, loc. cit., seguito da Marshall, ritiene assicurata la dipendenza di Peire da Bertran, ma ciò solo sulla base della datazione tarda (1272) che si vorrebbe garantita a Totz lo mons es vestitz a abarratz e che invece, come si è visto, è da rimettere seriamente in discussione.

46. Cfr. Poésies complètes du troubadour Peire Cardenal, ed. R. Lavaud, Toulouse, Privat, 1957, LXXVIII, p. 514, vv. 51-55: «De mi ti part, sirventes, e vai t’en / A mon seinhor, on valors pren onransa / – Nommar lo t’ai, car mielz n’auras membransa – / Lo rei Jacme, c’om ten per tan valen / Que sap non-re far pus entieiramen» (con minimi interventi sui segni diacritici).

47. È invece del tutto occasionale l’utilizzazione di schemi metrici ‘moderni’, ossia caratteristici del XIII secolo; nel caso delle tenzoni 248,28 e 248,11 (rispettivamente 390:10 e 390:21 del repertorio di Frank) il modello metrico, da riconoscere in una canzone cortese di Gillebert de Berneville (RS 1287) è mutuato attraverso il sirventese 446,2 (Frank 390:11) del Trobaire di Villarnaut (cfr. S. Asperti, «Contrafacta provenzali di modelli francesi», Messana, n.s., 8 (1991), pp. 5-49, alle pp. 12-17).

48. Cfr. per alcune indicazioni Asperti, «Contrafacta provenzali» cit., e P. Gresti, «Ancora sui contrafacta provenzali di modelli francesi: il caso di Cerveri de Girona», Aevum, 70 (1996), pp. 263-271.

49. Cfr. L. Badia, Poesia catalana del S. XIV. Edició i estudi del Cançoneret de Ripoll, Barcelona, Quaderns Crema, 1983; le poesie contenute in questa raccolta paiono essere state composte intorno al 1330-40, in territori appartenenti al Regno di Maiorca, più probabilmente nella zona dell’Empordà.

50. P. Meyer, Les derniers troubadours de la Provence d’après le chansonnier donné à la Bibliothèque Impériale par M. Ch. Giraud, Paris, Franck, 1871; i trovatori caratteristici di questo canzoniere e non pochi testi anonimi sono riconducibili alla Provenza in senso stretto, forse più precisamente alla regione tra Arles e Marsiglia.

51. Cfr. S. M. Cingolani, «Nos en leyr tales libros trobemos plazer e recreation. L’estudi sobre la difusió de la literatura d’entreteniment a Catalunya els segles XIV i XV», Llengua i literatura, 4 (1990-91), pp. 39-127, a p. 48.

52. Testo secondo M. de Riquer, Les poesies del trobador Guillem de Berguedà, Barcelona, Quaderns Crema 1996, XXIII, p. 304.

53. Testo secondo F. M. Chambers, «Three Troubadour Poems with Historical Overtones», Speculum, 54 (1979), pp. 42-54, a p. 42.